domenica 18 dicembre 2022

 LA VERSILIA DEGLI ANNI RUGGENTI:  I LOCALI DA BALLO

E alla notte quando già gli ombrelloni sono chiusi e le luci degli stabilimenti balneari spente, e i ristoranti già pensano al menù del domani, esplodeva la vita notturna versiliese, fatta di ritrovi, sale da ballo, discoteche che hanno contrassegnato non solo la storia dello spettacolo ma anche quella della musica leggera in Italia. La Bussola, aperta da Sergio Bernardini nel 1955 sul lungomare di Marina di Pietrasanta, presso la località Le Focette è stata, insieme alla Capannina di Franceschi a Forte dei Marmi, uno dei locali più popolari della Versilia. Inaugurata da un concerto di Renato Carosone innumerevoli gli artisti, italiani e stranieri, che si sono succeduti sul suo palco, che quasi diventa impossibile ricordarli e nominarli tutti. A titolo esemplificativo cito i nomi dei cantanti, presi da un manifesto dell'epoca, che andarono in scena in una normale settimana di programmazione, dal 3 al 10 agosto 1975: Mia Martini, Patty Pravo, Franco Califano, Ornella Vannoni, Renato Carosone e infine domenica 10 agosto Fabrizio De Andrè. Una citazione a parte per Mina, che tenne una serie di concerti tra il 1962 e il 1978, memorabili se ancora oggi digitando il suo nome sulla piattaforma You Tube apparirà un suo live dalla Bussola del 1972, aperto, nella sua inconfondibile voce, da un'indimenticata canzone di Battisti e Mogol: Io vivrò, senza te …

E ancora più sostanziosa la presenza di artisti internazionali: da Aretha Franklin a Ray Charles, da Ella Fitzgerald a Miles Davis, da Louis Armstrong a Shirley Bassey, da Charles  Aznavour a Gloria Gaynor. E poi Joséphine Baker, Tom Jones, Wilson Pickett, Duke Ellington, Chet Baker, João Gilberto, e altri che quasi sembra di sfogliare un Bignami della musica leggera internazionale.

Fra le varie iniziative che Sergio Bernardini operò nel tempo, ridefinizione del locale e del suo ambito, ristrutturazioni, aperture di spazi collaterali, ricordiamo Bussoladomani, uno spazio più grande, situato vicino alla stessa Bussola, nella frazione di Lido di Camaiore. Aperto nel 1976 aveva una programmazione solo estiva ed era costituito da una tendostruttura. Era stato progettato per concerti aperti a un pubblico più numeroso, seguendo l'evoluzione del tempo dove l'esigenza di ospitare platee più vaste, con costi più contenuti, si univa a una maggiore mobilità nella scia di quelle vacanze di massa che richiamavano un pubblico sempre più numeroso e gli eventi musicali riuscivano a radunare migliaia di spettatori. Anche qui l'elenco degli artisti è impressionante: Joe Cocker, Frank Zappa, Gilbert Bécaud, Barry White, Liza Minnelli, Renato Zero, James Brown, Dionne Warwick, Adriano Celentano e tanti altri tra i quali, naturalmente, Mina che su quel palco tenne l'ultimo suo concerto dal vivo: era il 23 agosto 1978. Bussoladomani successivamente fu chiusa, nel volgere dei tempi e degli eventi, e il tendone demolito nel 2000.

E insieme alla Bussola ricordiamo La Capannina di Franceschi a Forte Dei Marmi, nata nel 1929 per iniziativa di Achille Franceschi che trasformò un vecchio capanno sulla spiaggia in locale con servizio di bevande e pasticcini, e dotandolo di tavolini sui quali gli avventori si intrattenevano, spesso seguendo la moda del tempo di giocare a carte, con un grammofono a manovella ad allietare l'atmosfera. Il locale riscosse un immediato successo iniziando così la sua trionfale marcia, insieme a quella di Forte dei Marmi, imponendosi come meta turistica prestigiosa ed elitaria.

Nel luglio 1965 sul lungomare di Viareggio a confine con il territorio di Lido di Camaiore apre, come succursale di quello più noto e già famoso di Roma, il Piper. Sorge sulla chiusura del Caprice, altro locale da ballo del quale occupa perimetri e struttura. Lo spirito che apre quei battenti è però diverso, già risponde al clima, ai venti che tra poco avrebbero scosso la nostra società. L'inaugurazione segue una spettacolare cerimonia: un po' prima dell' apertura fissata per le ore 21, musicisti, ballerini, occasionali spettatori, si danno appuntamento in darsena davanti al Galeone Santa Monica e da lì con in testa la banda del Carnevale di Viareggio si incamminano in corteo verso il Piper, che quella sera stessa, nel caleidoscopico show di personaggi che fecero da padrini all'apertura, presenta una giovanissima e talentuosa ragazza che si imponeva, anche se allora sconosciuta, per la sua personalità canora: Patty Pravo.

La storia di quel primo Piper si è poi svolta attraverso chiusure e riaperture, mutamenti di rotta, sempre però mantenendo una propria linea d'avanguardia, e proponendo, in particolar modo nei primi anni Settanta, quanto di meglio non solo in Italia la musica contemporanea, nelle sue diverse anime, proponeva. Sfogliando sempre tra i manifesti dell'epoca ne apro ora uno che si riferisce al programma dell'estate 1972 del Piper, nel frattempo diventato Piper 2000: Banco Mutuo Soccorso, Osanna, Adriano Pappalardo, New Trolls, Trips, Premiata Forneria Marconi, Rory Gallagher, Brian Auger, Audience, Amazing Blondel, Mike Patto, Atomic Rooster, Van Der Graaf Generator, e infine il 20 agosto i Genesis. Ricordando quello poco prima proposto, di una comune settimana dell'agosto 1975 alla Bussola di Bernardini, e sommando il numero e l'eccezionalità degli artisti in concerto nei due locali, abbiamo un'idea di come Viareggio, e la Versilia, fossero allora a pieno titolo, la capitale incontrastata di vacanze e divertimento.

Anche il Galeone Santa Monica, ora menzionato, partecipava di quel clima internazionale che si respirava a Viareggio e nei suoi paraggi. Costruito nel 1920 come barcobestia, veliero tipico viareggino, poi trasformato in galeone spagnolo per adattarlo a una pellicola cinematografica, uso che fu più volte riproposto anche negli anni successivi, per essere infine adibito a bar discoteca nel 1961. Posava nella quiete del moletto della darsena, invitante e ugualmente appartato, finchè nel 1979 la Capitaneria di Porto di Viareggio decise di smantellarlo. Operazione facilitata da un incendio che lo distrusse completamente.

E poi la Capannina del Marco Polo, dove nel 1948 nacque il Festival della Canzone Italiana, da un'idea di Aldo Valleroni. Riproposto l'anno successivo fu poi interrotto nel 1950 a causa di problemi economici. Emigrò in Liguria dove nel 1951 si affermò come Festival di Sanremo. La prima edizione viareggina, fu vinta da Serenata al primo amore di Pino Moschini; la seconda, l'anno seguente, vide il successo de Il topo di campagna di Narciso Parigi.
Con il suo aspetto di bella epoque, posata all'inizio della pineta di ponente, venne distrutta da un incendio alla fine degli anni Novanta del secolo scorso, fatto che non scoraggiò il suo patron Filippo Lumbrici dal volerla e disegnarla ancora in quel suo stile particolare, nell'essere ugualmente incontro tra spazio popolare ed elitario: una nobile signora che riposa nel fresco della pineta.

E il Gabbiano di Paolo Paoli, uomo eclettico nelle sue diverse personalità e iniziative, che si trovava sul lungomare in Darsena, al limite delle luci e ombre con le sue ballerine, i suoi spettacoli, la sua vita notturna che spesso si protraeva fino all'alba quando alla fine dei tanti sogni della notte non rimaneva che una passeggiata nel sapore di quell'aria marina così fresca e salutare nel riportare il corpo e la mente alla realtà del giorno e dei suoi orari.

E vicino al Piper, ma dall'altra parte della Fosse dell'Abate, e quindi a Lido di Camaiore, all'inizio del suo lungomare si trovava il Cavalluccio Marino di Fabio Cerri, uno stabilimento balneare con l'omonima discoteca che il fine settimana diventava per i giovani imprescindibile luogo di ritrovo, di incontro, dove darsi appuntamento. Si caratterizzava per quel tetto della sala che alla sera, tempo permettendo, si apriva sul cielo luminoso e lontano. Fino alla fine degli anni Ottanta, quando la discoteca chiuse.

Oppure l'Hop Frog, aperto a Viareggio alla fine degli anni Sessanta come discoteca alternativa, frequentata dai più giovani e poi, sotto l'egida dell’Arci Regionale diventato uno dei punti di ritrovo per diverse attività culturali: cabaret, canzoni della tradizione popolare, teatro e cinema, costituendo un importante punto di riferimento di progetti alternativi, spesso vissuti come punto di incontro, di contaminazione, tra culture e soggetti diversi. Su quel palco hanno mosso i primi passi tanti protagonisti di quella comicità toscana, e non solo, poi divenuta fenomeno di fama nazionale. E basta il nome di Roberto Benigni, che qui sbarcava con la sua 500, per dare idea e testimonianza dell'importanza di questo locale.

E anche se non era principalmente una discoteca vorrei ricordare, tra le altre sorte all'ombra di quelle colline che sono metro e perimetro della nostra memoria e della nostra penna, un locale che oltre a occupare un posto nel cuore e nella storia dello spettacolo versiliese per le sue proposte di musica alternativa è stato anche ribalta di grandi nomi del jazz, blues, negli anni 90, tra i quali ricordo un suggestivo incontro con Pino Daniele. Oltre a tessere una solida trama nella vita culturale versiliese, proponendone attori e protagonisti: da Vittorio Foa a Arrigo Lora Totino, fino a Nanni Balestrini, il grande poeta e scrittore che qui venne a parlare di poesia nel maggio del 2005.


Nell'entroterra invece primeggiava il Gancino di Stiava di Mauro Lazzarini, altro locale storico della Versilia, con la sua pista da ballo, dove seguivano poi gli spettacoli delle ore piccole. Sulla sua pedana tanti cantanti e personaggi dello spettacolo. Tra questi Luciano Tajoli e Claudio Villa, Tony Dallara, Gianni Morandi e Rita Pavone, Nicola Arigliano, Miranda Martino, Little Tony. Nel 1959 ospitò le scene di un film interpretato da Paul Muller, Claudio Villa, Valeria Fabrizzi, dal titolo “Un canto nel deserto” per la regia di Mario Girolami. Ancora nel 1963 un film a episodi con Tony Renis e Walter Chiari “Obbiettivo ragazze” diretto da Mario Mattioli. Ricordo che nel 1968 chiamato alle armi, come allora era obbligo, mi presentai al CAR di Fano per iniziare il mio percorso da militare, nella camerata che mi era stata assegnata trovai altre reclute come me toscane. Quando dissi che venivo da Stiava vidi che proprio il nome del paese gli era sconosciuto, finché mi sortì il nome del Gancino e subito la mia casa prese una dimora geografica, tanta era la fama del locale nella nostra regione.

Più tardi nel tempo, rimanendo sempre nell'entroterra viareggino, negli anni Settanta, a Piano del Quercione, vicino Massarosa venne aperto lo Zoo Parco. Un locale caratteristico, particolare: una discoteca, con un'ampia piscina all'esterno. Poi il Kiss di Piano di Mommio, il Linus a Ponte di Sasso, con i loro ospiti che proseguivano e riproponevano la centralità della Versilia quale luogo dorato e vacanziero. E sulle colline che lo sovrastavano si alza il Meto, uno dei primi night club della Versilia, proprio a metà strada tra Mommio e Corsanico, costruito subito oltre una piazzola meta di tanti innamorati con la sua indimenticabile vista sulla Versilia. 

Tratto da "Per stare bene bastava un gettone in tasca", a cura di Renzo Remedi,  testi di Arturo Lini, Grafiche Ancora, Viareggio 2022 

domenica 28 agosto 2022

Un viaggio nel tempo - Tra le acque del lago di Massaciuccoli

 

Tra le testimonianze che nel tempo documentano visivamente le prime forme di pesca lacustre ci sono alcuni disegni dello scienziato e botanico bolognese Luigi Ferdinando Marsili, eseguiti tra il 1720 e il 1728 nelle paludi emiliane, assai simili alle nostre del Massaciuccoli, che illustrano la stesura in quelle acque di alcune reti di sbarramento. Altri disegni - sempre opera del nobiluomo bolognese - documentano l'uso di una bilancina: una rete di modeste dimensioni fissata ad una struttura a croce che una pertica, anticamente una canna di bambù o legno - ed oggi costituita da materiali telescopici più leggeri - attraverso l'uso di una corda permetteva di immergere e quindi sollevare dall'acqua. Lungo le rive si alzavano poi modestissime costruzioni in legno e in canna, protette da coperture in falasco: piccoli spazi usati per la rimessa delle reti oppure di altri strumenti di lavoro impiegati nelle diverse attività che prendevano vita nelle zone lacustri, dove la pesca assumeva un ruolo di primo piano per l'economia del territorio.

«La pesca del Lago di Massaciuccoli mantiene altresì molte famiglie ed il governo ne ritrae un vistoso provento» leggiamo sul Dizionario Geografico Fisico e Storico della Toscana di Emanuele Repetti, pubblicato nei primi decenni del XIX secolo. E Tommaso Ghilarducci in Considerazioni intorno alla proscrizione delle risaie nel Lucchese, stampato in Lucca presso la tipografia Giusti nel 1848 descrive La Piaggetta di Quiesa come "un piccolo casolare di pescatori sulla sponda del lago, intorno al quale si allargano immense lande paduligne.”

Nei primi decenni del secolo scorso la nostra bilancia è ancora un rudimentale capanno, grande lo stretto necessario per ospitare una persona: una tettoia con tre pareti laterali. Col tempo, e la sempre maggiore disponibilità di mezzi e materiali, quelle modeste costruzioni venivano poi affiancate da strumenti di pesca più efficienti: le reti si allungavano sulle acque, sovrastavano l'intero corso di un canale, con facilità scendevano e risalivano dalle acque. Per sostenerle e tenderle venivano innalzati pali, generalmente di castagno, posizionati a quadrato davanti alla stessa bilancia, o su entrambe le rive del corso d’acqua. Andavano ognuno fissato ad altri tre pali precedentemente piantati sul fondo del terreno con l’uso di mazze, fino a quando si incontrava lo strato di rena, alcuni metri più in basso, nel quale era impossibile procedere.

Per avere un'immagine di queste costruzioni nelle nostre zone del lago possiamo sfogliare un libro di Luigi Pedreschi che nel suo Il lago di Massaciuccoli e il suo territorio ne mostra appunto alcune foto, aggiungendo poi: "[...] Il pesce raccolto dai pescatori di professione (la regione è frequentata anche da molti appassionati di pesca sportiva) viene tuttora, per lo più, concentrato al Porto della Piaggetta e di qui smistato ai vari centri di consumo, cioè Lucca innanzitutto, e poi i paesi vicini al lago (specialmente Massarosa e Quiesa) e Viareggio. Le anguille vengono spedite in gran copia nell’Italia settentrionale.". Il libro di Luigi Pedreschi viene pubblicato in Roma nel 1956, eppure nel volgere di pochi anni sembrerà illustrare un mondo passato e lontano. Già i segni e i fremiti di una civiltà industriale che preme ed avanza, bussano alle porte del paese per annunciare una società governata da un crescente benessere, che muterà il proprio rapporto con l’ambiente naturale: non più luogo di fatica e sacrificio ma anche momento di svago e ricreazione, atteggiamento, questo, spesso incurante di quegli equilibri che fino ad allora ne avevano governato il tessuto permettendone fertilità e sopravvivenza.

Le nostre bilance cominciano ad ampliarsi, non solo in quantità lungo le sponde , ma anche in termini di abitabilità. Mutano le dimensioni, le modalità d'uso, ambienti più ampi, più accoglienti. Nella loro costruzione spesso si utilizzano materiali di fortuna, provenienti dalle abitazioni; a volte pezzi di lamiera andavano a formare parti del tetto o di una parete. Anche le traversine delle ferrovie erano utilizzate: stese sul terreno formavano una solida pavimentazione resistente all’acqua e capace di conservare assetto e posizione senza particolari accorgimenti. La pesca sul lago rimane ancora copiosa, redditizia: interi nuclei familiari si alternavano alle reti riuscendo, nei periodi di pesca, a mettere insieme delle piccole fortune.

A partire dagli anni Settanta, il capanno da pesca subisce un ulteriore mutamento, non tanto nella struttura quanto nella fruizione: il luogo di lavoro si trasforma in un luogo di svago, specchio, di una società in piena crescita economica, della quale segue l’evoluzione, le abitudini, lo stile di vita. Le reti manovrate inizialmente con carrucole e modesti argani crescono di dimensioni ora sostenute e mosse dalla crescente tecnologia; s’introducono sistemi di sollevamento a motore; per installare i pali sul fondo ci si avvale di benne e compressori che permettono un ancoraggio più rapido e sicuro. Fino ai moderni sistemi “a buttafuori”: due braccia rigide a sbalzo, in metallo leggero, s’allungano sull’acqua. La bilancia diventa un piccolo confortevole mondo, luogo di convivialità in cui si ritrovano gruppi familiari, amici, piccole collettività che insieme gestiscono quello spazio. Sul lago si alzano le bilance aziendali: quella della fabbrica Apice di Massarosa, dell’Enel, della Manifattura Tabacchi di Lucca, disponibili ai dipendenti che ne facciano richiesta. Per la manutenzione di quest’ultima si alternano periodicamente squadre di operai da Lucca: riparare la rete, le strutture portanti, l’argano, falciare e tenere pulito lo spazio intorno, rifornire la dispensa. L’illuminazione rimane a gas, quando la vicinanza alla terraferma lo permette ci si allaccia alla rete elettrica. Lo spostamento in barca è agevolato dall'uso di motori a scoppio: si va alla bilancia, per un pranzo o una cena in gruppo, comunque per un momento di festa, se non per qualche romantico incontro.

Ma anche questo mondo fastoso e festoso in un breve trascorrere di anni si trasformerà. L’inquinamento ambientale, la conseguente minore pescosità del lago, una progressiva crisi economica che renderà troppo onerosi interventi di manutenzione in passato inscrivibili nei normali bilanci familiari, la crescente sensibilizzazione verso il mondo animale e vegetale, le leggi e le norme sorte a tutela dell’ecosistema lacustre e delle sue rarità vegetali e animali; tutto questo condiziona interventi e presenze all’interno dello spazio lacuale creando di fatto uno stato di abbandono di molte di quelle strutture.
Oggi più niente rimane delle bilance Enel, Apice o Manifattura Tabacchi. Un autentico campionario di originalità e intraprendenza, esempi d’architettura spontanea e popolare, sta scomparendo sotto i nostri occhi. A questo mondo, ora celebrato dalle belle fotografie di Giancarlo Cerri esposte nello spazio della galleria f 5.6 di Amerigo Pelosini a Massarosa, il nostro augurio di una ritrovata vitalità, nella convinzione che sia possibile favorirne una nuova stagione, una nuova fioritura. Dove le attuali precise norme e regolamentazioni si concilino a quelle originarie costruzioni ancora presenti lungo le sponde del lago, recuperandole e mantenendole per quanto possibile nel loro storico abito, simboli e memoria di una civiltà popolare e contadina che è nostro dovere custodire e conservare.

Arturo Lini, presentazione alla mostra "Baracche e bilance, da via Cava alla Piaggetta", fotografie di Giancarlo Cerri alla galleria f 5.6, Massarosa (LU), marzo 2022.






mercoledì 23 marzo 2022

Mario Calogero, il senso delle cose

I paesaggi marini, gli elementi della natura e quelli dell'uomo che si stendono intorno al mare, vivono in uno spazio aperto e indifeso alla luce e da questa composto e modellato. Di questa si nutrono, come se le loro radici, a noi invisibili, piuttosto che affondare nella terra o nelle sue linfe, si volgessero verso l'alto, cibandosi del mutare dei colori e dei tepori del cielo. Di questo clima vive la pittura di Mario Calogero, indubbiamente intrisa dei sapori e degli umori di una terra, la Calabria della quale è, orgogliosamente, figlio, e di un'altra terra, a noi più vicina: la Versilia dove nel corso della vita, e delle sue avventure che lo hanno portato per diversi anni ad abitare anche a Milano, è poi approdato. 

Sulle sue tele prendono così vita paesaggi e ambienti propri della macchia e della zona mediterranea, sia quella calabra che toscana, considerando in quest'ultima anche la zona palustre intorno al lago di Massaciuccoli, distante pochi chilometri dalle coste versiliesi, e più in generale il territorio massarosese, dove Calogero ora vive e che gli è spesso, frequentando i suoi splendidi luoghi e paesaggi, occasione e fonte di pittura. E anche il soffio e la pratica creatrice che a questi elementi dà corpo e vita appartiene ad una tradizione pittorica che è propria della sua originaria regione: i colori sono spesso accesi, vividi, portano in sé il calore di pomeriggi accesi dal sole, e il vibrare delle cose che nella sua luce respirano e si manifestano.

Considerazioni queste che mi tornano alla mente quando immagino Mario nel suo studio, al lavoro davanti alle sue tele, e che poi quasi si concretizzano in una immagine: lo vedo posare i suoi tocchi di sole, come un pescatore che con precisione cura le proprie reti disponendole nella giusta piega, nello stesso spirito e procedura di qualsiasi esistenza che trova nell'ambiente che gli è intorno la propria ragione d'essere. Ma anche per altri sentieri la sua terra d'origine torna nelle sue composizioni, impregnandole della propria storia e tradizione. Calogero è nato a Pizzo Calabro, non lontano dunque da quello stretto di Messina luogo di tante mitologie e leggende. Da quella greca che qui aveva messo a dimora due leggendarie figure, Scilla e Cariddi, due mostri marini che vivevano in due caverne ai lati dello stretto: l'una abitante della terraferma, e l'altra della parte insulare. Fino alle epoche più recenti quando Stefano D'arrigo, nel suo Horcynus Orca, pubblicato per la Mondadori nel 1975, qui aveva ambientato il suo paesaggio, simbolico e reale, dove appare l'orcaferone, mostro terrificante e cancrenoso simbolo di tutto ciò che minaccia e si oppone alla vita.

Torna così negli elementi che Mario dipinge - siano essi un albero, una pianta di ginestra, una distesa di sassi e cespugli toccati dal mare - questo antico universo:  una strana eco o memoria, che li abita e li pone, insieme all'ambiente naturale al quale appartengono, anche in un altro regno in buona parte composto di una natura simbolica e mitologica. Quasi un ricordo di una qualche divinità, o entità umana, che li abbia abitati; una strana presenza che esula dall'elemento rappresentato. In un suo quadro, dal titolo "Presenze antiche", una pianta di ulivo esposta in una recente mostra, ed esplicativa di questo mio discorso e di tanta sua produzione pittorica, sembra, più che al regno naturale, appartenere al regno di Barbalbero, il più antico degli Ent, anche chiamato il “Pastore degli Alberi”, una tra le infinite indimenticabili figure che J. R. R. Tolkien ha creato nel suo monumentale Il Signore degli Anelli.

Toscana, nel senso più classico del termine, è invece la struttura della composizione, l'equilibrio delle forme che governa lo spazio della tela. Quel disporre il soggetto in primo piano, quasi sempre al centro della tela, governata da simmetriche partiture dove gli elementi rispondono ad una architettura che considera lo spazio vuoto, come in una chiesa del Brunelleschi, dotato di una propria voce ed una propria consistenza. Quadri che quasi solleticano la nostra sinergia, davanti ai quali porsi come davanti ad una finestra, respirando l'aria che da quella a noi viene, e aprendo gli occhi e il cuore ai sapori e agli incanti di incontaminate terre che sono parte di una geografia senza tempo e confini.
Arturo Lini, presentazione alla mostra Mario Calogero, il senso delle cose, Galleria Europa, Lido di Camaiore, aprile 2009.










domenica 27 febbraio 2022

Dis/somiglianze, contro ogni forma di razzismo

 DIS/SOMIGLIANZE

Nella società italiana, e più in generale in quella occidentale, le relazioni interpersonali e sociali sembrano volgere da consolidate consuetudini - fatte comunque di dibattiti e contese, anche aspre, ma sempre vissute nel confronto e sfida di idee - a nuovi rapporti basati non più sul valore o meno di quanto sostenuto e detto, quanto alla preclusione, alla chiusura verso le idee dell'altro in quanto membro di una comunità, di una etnia diversa e lontana dalla nostra.

In questo nuovo contesto l'estraneo, l'appartenente a un altro gruppo o formazione, non è più qualcuno con cui confrontarsi e convivere, ma qualcosa da evitare, da allontanare: quasi una minaccia da combattere, come se l'individuo altro non fosse che una appendice di fantomatici eserciti dove il colore della divisa, se diversa dalla nostra, rappresenta una minaccia al nostro stato e al nostro essere.


In questo clima un gruppo di artisti, nel pieno rispetto della pluralità di opinioni e credenze, fermamente convinti che solo nel sincretismo di fedi e idee possa germogliare un domani per gli uomini più alto e migliore del presente, propone una mostra di opere che vanno dalla pittura alla fotografia, dalla scultura alla poesia visuale, fino alle installazioni site specific.

Un invito non tanto a rimpiangere o riprendere vecchi schemi e abitudini ormai dal tempo sconfessati e cancellati, quanto a proporre e disegnare nuove soluzioni ai nuovi problemi di convivenza sociale, problemi certo reali ma da affrontare nella consapevolezza di un unico essere umano, fatto di volti e lingue diverse ma abitato, al di qua e al di là della barriera, da sentimenti, affetti, bisogni e aspirazioni uguali e identici, nella visione di una società dove ognuno sia giudicato per i propri meriti o demeriti indipendentemente da motivi anagrafici e geografici. 


La mostra, accompagnata da un catalogo delle opere esposte, gode della sponsorizzazione della Fondazione Pomara Scibetta Arte Bellezza Cultura, e del patrocinio del Comune di Massarosa, Ente Parco Migliarino San Rossore Massaciuccoli, Associazione Città Infinite.

Artisti partecipanti: Annalisa Atlante, Luciano Bonuccelli, Catia Chicchi, Carlo Cipollini, Gian Luca Cupisti, Florian D'angelo, Lorenzo D'angiolo, Roberto Giansanti, Arturo Lini, Ivo Lombardi, Fabio Maestrelli, Domenico Morabito, Paolo Netto, Stefano Paolicchi, Amerigo Pelosini, Simone Romani, Enrico Sacchetti, Fabio Sciortino, Elisa Tamburrini, Claudio Tomei, Giancarlo Vaccarezza.


Antico opificio La Brilla

Via Pietra a Padule 1181, Quiesa - Massarosa (LU)

Dal 4/5/2019 al 2/6/2019

Inaugurazione 4/5/2019 ore 19,00,  presentazione di Giuseppe Cordoni.

Curatori: Arturo Lini, Amerigo Pelosini, Claudio Tomei

Genere: arte contemporanea, collettiva

Orario: venerdì, sabato, domenica ore 16,00 – 20,00