mercoledì 23 marzo 2022

Mario Calogero, il senso delle cose

I paesaggi marini, gli elementi della natura e quelli dell'uomo che si stendono intorno al mare, vivono in uno spazio aperto e indifeso alla luce e da questa composto e modellato. Di questa si nutrono, come se le loro radici, a noi invisibili, piuttosto che affondare nella terra o nelle sue linfe, si volgessero verso l'alto, cibandosi del mutare dei colori e dei tepori del cielo. Di questo clima vive la pittura di Mario Calogero, indubbiamente intrisa dei sapori e degli umori di una terra, la Calabria della quale è, orgogliosamente, figlio, e di un'altra terra, a noi più vicina: la Versilia dove nel corso della vita, e delle sue avventure che lo hanno portato per diversi anni ad abitare anche a Milano, è poi approdato. 

Sulle sue tele prendono così vita paesaggi e ambienti propri della macchia e della zona mediterranea, sia quella calabra che toscana, considerando in quest'ultima anche la zona palustre intorno al lago di Massaciuccoli, distante pochi chilometri dalle coste versiliesi, e più in generale il territorio massarosese, dove Calogero ora vive e che gli è spesso, frequentando i suoi splendidi luoghi e paesaggi, occasione e fonte di pittura. E anche il soffio e la pratica creatrice che a questi elementi dà corpo e vita appartiene ad una tradizione pittorica che è propria della sua originaria regione: i colori sono spesso accesi, vividi, portano in sé il calore di pomeriggi accesi dal sole, e il vibrare delle cose che nella sua luce respirano e si manifestano.

Considerazioni queste che mi tornano alla mente quando immagino Mario nel suo studio, al lavoro davanti alle sue tele, e che poi quasi si concretizzano in una immagine: lo vedo posare i suoi tocchi di sole, come un pescatore che con precisione cura le proprie reti disponendole nella giusta piega, nello stesso spirito e procedura di qualsiasi esistenza che trova nell'ambiente che gli è intorno la propria ragione d'essere. Ma anche per altri sentieri la sua terra d'origine torna nelle sue composizioni, impregnandole della propria storia e tradizione. Calogero è nato a Pizzo Calabro, non lontano dunque da quello stretto di Messina luogo di tante mitologie e leggende. Da quella greca che qui aveva messo a dimora due leggendarie figure, Scilla e Cariddi, due mostri marini che vivevano in due caverne ai lati dello stretto: l'una abitante della terraferma, e l'altra della parte insulare. Fino alle epoche più recenti quando Stefano D'arrigo, nel suo Horcynus Orca, pubblicato per la Mondadori nel 1975, qui aveva ambientato il suo paesaggio, simbolico e reale, dove appare l'orcaferone, mostro terrificante e cancrenoso simbolo di tutto ciò che minaccia e si oppone alla vita.

Torna così negli elementi che Mario dipinge - siano essi un albero, una pianta di ginestra, una distesa di sassi e cespugli toccati dal mare - questo antico universo:  una strana eco o memoria, che li abita e li pone, insieme all'ambiente naturale al quale appartengono, anche in un altro regno in buona parte composto di una natura simbolica e mitologica. Quasi un ricordo di una qualche divinità, o entità umana, che li abbia abitati; una strana presenza che esula dall'elemento rappresentato. In un suo quadro, dal titolo "Presenze antiche", una pianta di ulivo esposta in una recente mostra, ed esplicativa di questo mio discorso e di tanta sua produzione pittorica, sembra, più che al regno naturale, appartenere al regno di Barbalbero, il più antico degli Ent, anche chiamato il “Pastore degli Alberi”, una tra le infinite indimenticabili figure che J. R. R. Tolkien ha creato nel suo monumentale Il Signore degli Anelli.

Toscana, nel senso più classico del termine, è invece la struttura della composizione, l'equilibrio delle forme che governa lo spazio della tela. Quel disporre il soggetto in primo piano, quasi sempre al centro della tela, governata da simmetriche partiture dove gli elementi rispondono ad una architettura che considera lo spazio vuoto, come in una chiesa del Brunelleschi, dotato di una propria voce ed una propria consistenza. Quadri che quasi solleticano la nostra sinergia, davanti ai quali porsi come davanti ad una finestra, respirando l'aria che da quella a noi viene, e aprendo gli occhi e il cuore ai sapori e agli incanti di incontaminate terre che sono parte di una geografia senza tempo e confini.
Arturo Lini, presentazione alla mostra Mario Calogero, il senso delle cose, Galleria Europa, Lido di Camaiore, aprile 2009.