venerdì 4 marzo 2016

Enrico Ulivieri

Enrico Ulivieri (Lucca 1911 - 1982) è pittore profondamente lucchese non tanto per ragioni anagrafiche, quanto per un certo sentimento della pittura, incline al racconto, alla fiaba, ai soggetti dove il tempo si acquieta e pare raggiungere una metafisica condizione. Autodidatta comincia fin da giovanissimo a frequentare lo studio di Giuseppe Ardinghi. Sempre di quegli anni le prime esposizioni che continueranno poi durante tutta la vita. Della sua opera si sono occupati i critici: Mario Rocchi, Licio Menconi, A. Del Massa, Mario Marzocchi, Krimer, Marco Manno, ed i pittori Niccolò Codino e Dilvo Lotti.

I suoi dipinti dunque, che seppure limitati in quantità dalla professione di impiegato alla quale doveva sottostare l'altra di pittore, sono piccole incantevoli storie, riflessi di un mondo domestico dove l'ordine e l'amore per gli oggetti che lo compongono ne scandiscono il tempo e la vita. 
Appaiono così su quelle tele i vasi da fiori, le nature morte, una gabbia che chiude un merlo; animali domestici che sembrano fare di sé niente altro che soggetto di pittura.
Altre volte sono i paesaggi ad invadere la superficie della tela: casolari toscani, oppure improvvise distese che s'aprono tra i fianchi di colline a ricordare i paesaggi di Lunigiana, greti di fiumi popolati di bianche ghiaie, oltre le quali sfilano le schiere dei monti. I colori sono morbidi pastosi: viola, blu, verde scuro, vaporosi grigi, bruni dorati, tra i quali, a volte, si accendono rosse forme; a volte è il celeste di uno schienale di una sedia, a volte è una sagoma più scura, nera, a dettare l'ordito attorno a sé.

È un sentimento religioso, forse, il fondo su cui si posava la vita come le tele di Enrico Ulivieri. Una pietas dove gli oggetti si fanno solo luce di un'effimera concretezza che essi non possiedono e ci riportano la memoria di ombrose e quiete stanze di una casa lucchese pervase da un profondo e devoto - come scrive Mario Marzocchi nel 1955 – amore per l'arte.
Arturo Lini - 
pubblicato in Sinopia n. 22, anno VI, Viareggio (LU), 1996.


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