venerdì 4 marzo 2016

Loriano Geri, la pittura del silenzio

Biografia ragionata, catalogo alla mostra "Loriano Geri - La pittura del silenzio", Musei Civici di Villa Paolina, Viareggio (LU), 2009.

Ci sono luoghi tanto pieni della propria storia che non sembrano avere occhi per altro, come se il tempo dovesse fermarsi a quei primi accadimenti e vedere in tutto quello che poi verrà solo una ripetizione, una riproposizione in altri abiti e pose, di qualcosa che già è stato: un futuro destinato a crescere e a vivere all'ombra di quei fatti passati.
Loriano Geri nasce a Viareggio in uno di questi luoghi: nella darsena, la patria di Lorenzo Viani, allora pervasa e attraversata dalle storie e dai racconti di quella vita: la barberia di Fortunato Primo Puccini, la taverna del Prometeo, i personaggi che si muovevano in questo scenario tra gli ultimi anni dell'Ottocento e il nuovo secolo: dal poeta ligure Ceccardo Roccataglia Ceccardi all'anarchico Pietro Gori.
Ambiente, fisico e sociale che Umberto Sereni ha puntualmente ricostruito nel suo saggio Il sogno del liberato mondo in "Fra il Tirreno e le Apuane" catalogo dell'omonima mostra tenuta in San Micheletto a Lucca nell'autunno 1990.

La sua prima gioventù interamente trascorre tra questi luoghi, e quelle memorie ancora fresche di fatti e personaggi che li avevano consegnati alla storia. Nei luoghi della darsena e della spiaggia viareggina, accesi dal fervore dei cantieri navali a cui si contrapponeva il silenzio della spiaggia, della marina, l'odore e il sapore della salsedine, i profumi della vegetazione, della macchia mediterranea. Già da piccolo, con le prime matite ricevute, amava disegnare e colorare quel mondo ricco di sapori di colori e silenzi. Ben presto si abitua all'uso degli acquerelli e delle tempere, finché un giorno, nel 1946, entra in una mesticheria dove compra delle polveri colorate che poi macina con olio di lino: da quel momento non lascerà più il colore ad olio.

Il suo darsi alla pittura è immediato, effervescente; i suoi primi passi nel desiderato mondo quasi contrastano con l'immagine dell'uomo che oggi conosciamo, ma bisogna calare quell'impressionante serie di mostre e appuntamenti espositivi, che poi seguiranno quei primi giovanili approcci, sia in un'età incline ai fervori e agli entusiasmi, sia in una realtà, sociale ed economica, allora profondamente diversa da oggi.
Ci si avviava verso gli anni del primo boom economico, che investirà, seppur in maniera e proporzioni diverse, tutto quanto il territorio nazionale, e in particolar modo il litorale versiliese che stava diventando la località regina tra quelle turistiche italiane. Quando una mostra molto spesso si concludeva con un buon numero di quadri venduti, e la sua organizzazione, con la relativa vendita di opere, era condizione necessaria per poter rifornire lo studio del pittore di colori, tele, e gli altri strumenti necessari all'attività. "In quegli anni il mercato dell'arte era fertile, erano i tempi del boom economico. Si vendeva molto". Dirà lo stesso Geri in una intervista rilasciata ad Antonella Criscuolo nel 2004.

Subito da giovane si avvicina all'ambiente pittorico, partecipa nei primi anni Cinquanta alle evoluzioni del Centro Versiliese delle Arti, punto di incontro degli artisti locali, cominciando precocissimo la sua attività espositiva. Nel 1950 allestisce la prima personale a Viareggio, contemporaneamente colleziona esperienze in rassegne e collettive nazionali. Nel 1951 sono due le personali che lo vedono protagonista: presso la Galleria d'Arte Fratini, a Viareggio e presso la Saletta d'Arte Ciardelli in Pisa.
Nel 1952 viene invitato alla 1° Mostra di Pittura e Scultura a Lucca; allestisce una personale a Viareggio e partecipa alla collettiva Bottega dei Vageri sempre nella stessa città. Nel 1953 è presente alle Olimpiadi Culturali della Gioventù a Roma e al Premio Nazionale Marzotto. Nello stesso anno, ed ancora nella sua città natale, tiene una personale alla Galleria d'Arte Fratini, allora uno dei più importanti spazi espositivi versiliesi, rimasta attiva fino ai primi anni Sessanta.

Gli anni successivi mantengono quell'iniziale cadenza: tra le numerose frequentazioni di premi e rassegne che spesso lo vedono protagonista allestisce nel 1954 una personale alla Galleria Macarini in Lucca. In questo periodo ha l'opportunità di stringere rapporti con artisti quali Giovanni Marc, Farulli, Faraoni, Midollini, il pugliese Nicola Carrino. Sono nuove esperienze, contatti che pur nella loro frammentarietà si rivelano preziosi nella sua formazione pittorica, sempre filtrati all'interno di una personalità attenta e sensibile, in un confronto con maestri di varie esperienze figurative che saranno origine e motivo di feconde indicazioni per i futuri percorsi della sua pittura. Nel 1955 partecipa alla Rassegna d'Arte Contemporanea in Toscana svolta a Firenze, rassegna che si propone di portare l'attenzione sulle migliori proposte di pittura contemporanea, e al Premio Nazionale Amedeo Modigliani in Livorno.

Sempre scorrendo il lungo elenco delle manifestazioni alle quali Geri in quegli anni ha preso parte notiamo la sua presenza al Premio Nazionale Marzotto a Roma, ed alla rassegna Artisti Toscani a Lindau in Germania. Si distingue alla II Mostra Nazionale Amedeo Modigliani a Livorno per l'eccellente qualità delle opere esposte; inoltre è premiato al Premio Nazionale Città di Viareggio dove ottiene il primo premio.
Nel 1957 la sua figura artistica già si distingue fra i più promettenti giovani in ambito nazionale: è invitato ad alcune qualificate esposizioni d'arte, fra cui il Premio Forlì al quale partecipa anche l'anno successivo. Sono anni questi nei quali Geri lentamente comincia ad avvertire vincoli e limiti della sua formazione pittorica, in gran parte riconducibili ad una tradizione pittorica che pur premiandolo negli esiti e riconoscimenti che in quei tempi riusciva a ottenere - come abbiamo potuto constatare nello scorrere delle sue molteplici esposizioni di questo periodo - pure finiva per impedire e limitare i suoi impulsi e le sue motivazioni artistiche circoscrivendole ad un alfabeto che Geri avverte ormai inadeguato a contenere le proprie poetiche.

"Nel 1957 capii che la mia pittura era influenzata dalla scuola versiliese. Sentivo la necessità e il bisogno di liberarmi. Lasciai lentamente la tradizionale pittura versiliese e agli inizi del 1963 mi avvicinai alla pittura lombarda, alle esperienze del realismo espressionistico. Il mio racconto è un viaggio silenzioso dell'anima lungo percorsi di ricordi. Il linguaggio è cambiato, la visione iconografica e lo spirito hanno ora una radice esistenziale di solitudine, di silenzi e spazi più esasperati." Dirà nella già ricordata intervista con Antonella Criscuolo del 2004.

Comincia così ad allontanarsi dagli stilemi e dalle composizioni proprie della tradizione pittorica versiliese, aprendosi nello stesso tempo alle esperienze del realismo espressionistico; trasponendo nella materia e nella composizione le silenziose darsene e le periferie urbane della Viareggio che abitava il suo cuore. Il sentimento, il dialogo, la spiritualità che si avvertono adesso nei suoi lavori colmi di angosciose solitudini si sostituiscono alla tematiche precedenti più asservite e funzionali alla piena composizione della scena pittorica.

Il 1958 è un periodo fertile, ricco di conseguenze per tanti aspetti della pittura versiliese degli anni successivi. Nasce infatti il gruppo conosciuto come I pittori del bar Mori. È lo stesso Geri a narrarci la sua origine:
«All'inizio del 1958 per una casualità, vengo a conoscere due fotografi, Norge Simonetti e Claudio Piacentini che frequentano il Bar Mori. I due amici, per conoscere meglio la tecnica della fotografia, prendono contatto con me per fotografare i quadri. Nasce subito un feeling. Presento Renato Santini e una domenica fotografano i nostri quadri. Da quell'incontro si comincia a frequentare il Bar Mori; fecero poi seguito altri pittori tra cui Altemura, Francesconi, Cosci, Vasco Giannini, Beconi, Passaglia, Corzani e molto spesso era presente anche Vinicio Berti. L'estate il gruppo dei pittori si faceva più numeroso per la presenza dei milanesi, Martinelli, Banchieri, Luporini, Ferroni, Giuseppe Giannini, Cazzaniga e altri. Nasce così il gruppo chiamato "I pittori del Bar Mori" che dura circa dieci anni. Nel 1960 si organizza una collettiva: Beconi, Francesconi, Altemura; Geri, Cosci, Passaglia. Gli altri pittori non aderiscono a questa collettiva che sarà chiamata I sei del Gianni Schicchi»

Della natura di quest'ultimo sodalizio, e più ampiamente del senso di quella stagione, ci parla Paolo Emilio Antognoli in un suo scritto: Costellazione Minore - Identificazione di una storia dell'arte in Versilia apparso in "Pittura e realtà 1900 - 1990. La figurazione a Viareggio nel panorama dell'arte italiana", catalogo dell'omonima mostra tenuta nell'estate 2008 a Villa Paolina, a Viareggio, nel quale, a sunto del suo pensiero su quel movimento nel quale Antognoli individua e sottolinea una sorta di secessione anti-vianesca, viene riportato un breve scritto di Serafino Beconi relativo al Gianni Schicchi:
«Per noi [..] si trattava di affermare una specie di diritto all'esistenza artistica che sentivamo negato dal circolo dei pittori che avevano iniziato a operare al tempo di Viani. Per questi il riferimento a Viani valeva come investitura e da questa noi, quelli che eravamo venuti dopo, ci sentivamo esclusi. Inevitabile che finissimo col ripudiare Viani, solo così potevamo spezzare una catena che ci soffocava»

Sempre in quel 1958 la sua personale storia artistica prosegue il proprio percorso fatto di esposizioni e riconoscimenti che lo vedono ai vertici di numerose manifestazioni: viene premiato al Premio Suzzara, è secondo al Premio Nazionale Giovanile Primavera a Firenze. In quell'anno allestisce inoltre due personali: alla Galleria d'Arte Sauro Pasquini in Lucca e alla Navicella a Viareggio. Il suo nome comincia ad estendersi oltre l'ambito locale, non dimenticando che Geri ha ora 23 anni e già un nutrito curriculum. Nel 1959 è invitato al Premio Bergamo; viene inoltre premiato al Premio di Disegno Diomira a Milano; fino alla sua partecipazione alla VIII Quadriennale di Roma.

Ora i vari influssi della pittura versiliese, i moduli che ebbero origine nel passato, sono alle sue spalle: la pittura di Gerì si allontana lentamente dalle cromie abituali per definirsi sul bianco e nero con il quale ottiene effetti di luce e drammaticità: "Una città irreale, che non è più Viareggio, né alcuna altra parte del mondo: una malinconia urbana generica che prende il posto del giudizio o della contemplazione", aveva già avuto modo di scrivere Raffaele De Grada, in un più ampio giudizio espresso sulla sua pittura, nelle pagine del Contemporaneo di Roma, nel dicembre 1957, a commento della partecipazione di Geri al Premio Modigliani a Livorno.
Le rassegne a premio erano in quegli anni il leit-motiv che spronava all'attività i giovani pittori: da una rassegna regionale potevano derivare riconoscimenti e promozioni, tutto era regolato dalla selezione che imponeva la continuità dei migliori. Siamo agli anni sessanta: alla rassegna Sei Pittori al Gianni Schicchi in Viareggio, alla mostra del Gruppo dei Vageri a Palazzo Grazioli in Roma.

Nel 1961 partecipa al Premio Arezzo; viene poi invitato al premio Città di Olbia dove in una Sardegna a lui ospitale, si apre agli spazi dei suoi paesaggi e delle sue colline, continue nel loro colore di terre bruciate. L'impatto con il nuovo mondo lo colpisce interiormente, la sua visione iconografica trasfigura ancor di più la realtà. Sente il valore e la forza del colore e la necessità del suo recupero. Superato il periodo e i limiti del bianco e nero, che da qualche anno dominava le sue composizioni, l'artista da il via ad un ciclo di opere rappresentanti paesaggi sardi, svolti in larghe campiture di colore scalato, ispirati ad un sostanzioso recupero di un ordine che è principalmente sensitivo racconto spaziale.

Nel 1962 la Galleria d'Arte Moderna di Lucca acquista una sua opera; la sua partecipazione a selezioni e premi di grande importanza è continua e assidua: come il Premio Nazionale Marche ad Ancona, e la XIII Rassegna Nazionale di Arti Figurative Premio Avezzano. Nel 1963 viene chiamato ad esporre a Firenze nella Saletta del Fiorino, ed è invitato al XVII Premio di Pittura F. P. Michetti in Francavilla al Mare, in Abruzzo. Nella sua Versilia cerca di ritrovarsi con i colleghi locali, di avviare un comune sodalizio, e partecipa alla costituzione del Gruppo Versilia con cui espone in varie città italiane. Il gruppo è formato dai pittori Serafino Beconi, Altemura Ernesto, Cosci Mario, Corzani, Vasco Giannini, Passaglia, Antonio Possenti e Geri. L'esperienza però è di breve durata: i principi e le attese che avevano giustificato la nascita del gruppo si rivelarono discordi se non diametralmente opposti.
Dalla Galleria Tornabuoni di Firenze gli arriva l'invito ad una lunga tournée negli Stati Uniti, insieme ad altri pittori contemporanei italiani, per una serie di mostre attraverso luoghi e città del mondo culturale e accademico statunitense.

Il 1964 è un anno centrale e importante del suo percorso artistico. Grazie all'amicizia con il pittore Giuseppe Martinelli, Geri si trasferisce a Milano attratto dalla possibilità di più ampi confronti e scenari ai suoi orizzonti pittorici. Inizia così per lui un nuovo momento creativo. L'ospitalità di Martinelli si rivela fruttifera e feconda; le disquisizioni teoriche, i comuni interessi umani e sociali, le nuove conoscenze artistiche sorte dalla frequentazione di Banchieri, Luporini, Ferroni e il loro universo umano e pittorico - con i quali continuava ed approfondiva ora un'amicizia e un dialogo già iniziato negli anni precedenti in Versilia - ancora di più stimolano e ampliano il suo bagaglio creativo. «Con loro sentivo meglio espresso il mio mondo personale e pittorico: i soggetti della loro tela, quali le spiagge di Luporini, in quel loro portare l'attenzione non tanto sugli oggetti che le popolavano ma sulle orme, sui segni, sulla memoria, di tutto quello che le aveva attraversate e abitate erano simili e vicini al mio modo di rapportarmi alla pittura» ricorda lo stesso Geri, tornando nella memoria a quegli incontri e quelle discussioni.

Milano diventa il centro di questa nuova ricerca che porterà a confronti e dibattiti i già menzionati pittori con gli altri protagonisti di quel movimento, quali Cappelli, o Scapaticci, dai quali, durante serrati incontri e cenacoli che vede partecipe quando presente a Milano lo stesso Geri presso la trattoria Domenico in via Procaccini, aveva avuto origine la Nuova Figurazione, un'area di ricerca autonoma sia dal realismo socialista che dalle poetiche dell'informale, a cui Geri si sente particolarmente vicino.
Oltre questi motivi più propriamente dettati da un comune sentimento per la pittura, e che si risolvevano sul piano di rapporti umani e artistici, Geri stabilisce anche dei contatti che vanno a investire l'aspetto professionale, economico, dell'essere pittore. Arriva a programmare una mostra presso la Galleria Bergamini di Milano, che gli aprirebbe le porte all'entourage dello stesso gallerista quando l'improvvisa morte di quest'ultimo chiude quelle prospettive.

Negli anni successivi l'attività espositiva continua nel solito ritmo: dal secondo premio ottenuto al concorso Giovanni Fattori in Livorno alla personale presso la Galleria del Forte, in Forte dei Marmi. Nel 1965 si aggiudica il Bartalena a Livorno. Nel 1967 allestisce due personali: una alla Galleria d'Arte 33 in Lucca, e una alla Bottega d'Arte la Versilia a Viareggio.
Con il 1968 Geri ritorna alle visioni delle sue darsene, ma il tutto filtrato dalle esperienze maturate nei contatti milanesi con il gruppo della Nuova Figurazione combinati agli echi e ai richiami di un nuovo iperrealismo. Vincitore nel Premio Nazionale Golfo del Sole a Follonica, si vede acquistare una sua opera da collocare nella pinacoteca del Liceo Scientifico A. Vallisneri a Lucca.

Gli anni a venire, gli consegnano una nutrita serie di premi, di riconoscimenti, di attestati, che pure non sortono a soddisfare le sue idee, il suo intimo desiderio. Una improvvisa lunga pausa di riflessione porta Gerì ad allontanarsi per circa quindici anni dalla pratica della pittura. Un distacco netto e completo: non solo dalle proprie tele ma dall'intero ambiente che intorno a quel gesto, a quello stendere di colori e forme, vive ed esiste. Si allontana ricercandosi nella famiglia e nel lavoro, quasi un depurarsi da tossine morali in una ricerca costruttiva e anche fìlosofìca. Una pausa silente e riflessiva, che ha imposto un'analisi delle sua creatività: un dibattito fra sé e sé, che forse ha comportato una sottile competizione fra le proprie personali istanze, ma che in fondo ci ha riconsegnato un artista spoglio di remore passate e ricostruito per nuove fruttifere stagioni.

Siamo all'anno 1991 e Geri torna ad approcciarsi con le tele, le sue darsene e le sue marine; un inizio forse stentato alla ricerca dell'ambiente, ma si riparte, nella stessa apparente levità con la quale aveva abbandonato: "Una domenica mi alzo e torno nello studio, e comincio a dipingere cose che avevo lasciato"
Dal 1992 riprende l'interrotto percorso: incontri culturali ed inviti a rassegne nazionali e internazionali. È presente alla collettiva Artisti Versiliesi presso l'Istituto Francese di Firenze e nel 1993 al Palazzo Lanfranchi in Pisa. Partecipa ad una collettiva itinerante curata dal critico Nicola Miceli, dal titolo Valenze dell'Immagine che ha luogo a Villa Borbone in Viareggio, poi al Palazzo Ducale di Massa e al Palazzo Ducale di Lucca, e nel 1997 al Palazzo dei Priori a Volterra.

Nel 1999 è invitato alla rassegna La Memoria Colorata curata dal critico Paolo Fornaciari. Nel 2000 Al di qua del Mare, mostra personale nel Chiostro di S. Agostino in Pietrasanta, con catalogo curato dal critico Giuseppe Cordoni. In questi anni le sue opere sono ospitate in spazi di valenza storica e culturale quali quello di Palazzo Pretorio a Volterra.
Nel 2001 è alla Galleria d'Arte Contemporanea di Pavullo nel Frignano a Modena. Partecipa alla rassegna Nel clima della contestazione: Inquietudini e impegni della pittura in Toscana, a cura di Nicola Micieli presso il centro espositivo di Villa Gori a Stiava, in cui espone tra l'altro in una successiva mostra: I Pittori del Bar Mori.
Nel 2002 con la mostra Al di qua del Mare è a Venezia presso l'Istituto Romeno di Cultura a Palazzo Correr. Nel 2003 inizia una ulteriore serie di opere: quasi un'essenza estrema di una realtà, a lui assoluta, interpretata negli ultimi dieci anni di attività pittorica. Ultimamente è invitato alla rassegna d'Arte L'Età delle Illusioni Mancate a cura del critico Giuseppe Cordoni in Palazzo Mediceo a Seravezza, e a Ponte Ronca di Zola Predosa (BO) presso il Giardino della Cultura Europea.

Nello stesso anno allestisce una personale, curata dal critico Fabio Cristelli, intitolata Il Silenzio Perduto presso il Centro Espositivo di Villa Gori a Stiava. Nel 2008 è presente alla collettiva Pittura e Realtà 1900-1990. La figurazione a Viareggio nel panorama dell'arte italiana presso Palazzo Paolina Bonaparte a Viareggio a cura di Paolo Emilio Antognoli, Lodovico Gierut e Marcella Malfatti.


La madeleine di Proust
«Ed ecco, macchinalmente, oppresso dalla giornata grigia e dalla previsione d'un triste domani, portai alle labbra un cucchiaino di tè, in cui avevo inzuppato un pezzo di madeleine. Ma, nel momento stesso che quel sorso misto a briciole di focaccia toccò il mio palato, trasalii, attento a quanto avveniva in me di straordinario. Un piacere delizioso m'aveva invaso, isolato, senza nozione della sua causa. M'aveva reso indifferenti le vicissitudini della vita, le sue calamità, la sua brevità illusoria, nel modo stesso che agisce l'amore, colmandomi d'un'essenza preziosa: o meglio quest'essenza non era in me, era me stesso. Avevo cessato di sentirmi mediocre, contingente, mortale. Donde m'era potuta venire quella gioia violenta? Sentivo ch'era legata al sapore del tè e della focaccia, ma la sorpassava incommensurabilmente, non doveva essere della stessa natura. Donde veniva? Che significava? Dove afferrarla?»

È questo l'inizio, forse sarebbe più preciso dire l'attacco vista la musicalità dell'incedere, di un famoso brano di Proust, inserito nella sua Recherche, nel primo libro, Dalla parte di Swann, nel quale dietro quel sapore di un biscotto che tocca il palato magicamente s'apre il mondo del passato, che quel sapore ha la capacità di far rivivere, risvegliando in lui ricordi della sua infanzia.

Credo che la pittura di Loriano Geri abbia uno stesso fine: una specie di sinestesia dove lo spazio vuoto delle sue tele, cioè di un elemento visivo, voglia richiamare qualcosa che appartiene a tutt'altro senso, cioè quel silenzio che gli era strada per arrivare al cuore delle cose e degli eventi. Ricollocando gli scarni oggetti che abitano le sue composizioni in un tempo cronologicamente diverso e lontano sia da quello in cui gli apparvero sia da quello che adesso realmente li ospita: un tempo che abita la sua memoria, vissuto nell'età adolescenziale, negli incanti che questa lascia nel fondo dell'anima, e che solo un'immagine, posta con gli strumenti della pittura in una scena oltre lo scorrere del tempo, e quindi metafisica, può ora rendere, per quel miracolo che l'arte può compiere, ancora vivo e palpabile.
"Gli spazi e i silenzi che cerco di rappresentare sulla tela li ho vissuti nel dopoguerra fino agli anni 60-65. È come aver vissuto un periodo sulla luna. Ora mi ritrovo sulla terra, in un mondo arrogante. Tutto era una scoperta".
In queste parole si può ricapitolare il senso del percorso artistico di Loriano Geri, come lo stesso Dino Carlesi già indica nel titolo del suo esaustivo saggio La pittura del silenzio che introduce il catalogo dell'omonima mostra in corso, luglio 2009, a Palazzo Paolina a Viareggio.

Per ritrovare le silenziose atmosfere e i sapori che avvolgevano la sua gioventù e farli rivivere nella sensibilità di un tempo presente Loriano Geri ha seguito una propria vocazione, cercando il linguaggio pittorico più idoneo, allontanandosi da un ambiente e una tradizione pittorica, quella versiliese, che, seppur valida e per altri esiti ancora feconda, era a lui e alla sua anima inadatta ad esprimere quel mondo che dentro sé portava. In questo contesto anche la pausa dei quindici anni, quel lungo ininterrotto silenzio, prende un accenno del tutto diverso dalla semplice interruzione di un'attività; e pur nelle contingenze e motivi che la favorirono, ci appare quasi un'urgenza del suo animo: il bisogno di ritrovare il punto di partenza, l'origine e il motivo del suo essere uomo, prima ancora che pittore e artista.

Arturo Lini, giugno 2009, Viareggio (LU).

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